La percezione decide il nostro destino

Per colui che ha conquistato la mente, questa è la migliore amica, ma per colui che fallisce nell’intento, la mente diventa la peggior nemica.

[Bhagavad Gita 6.6]

Fu lui ad aprirmi gli occhi. Prima non nutrivo alcun dubbio sullo spettacolo che osservavo. Come succede a tanti, non tutto mi piaceva ma di certo avrei messo la mano sul fuoco che ciò che avevo davanti a me fosse quella che viene definita “la realtà delle cose”. Accettavo senza quasi discutere tutto quello che ci si aspetta da un giovane adulto e ogni giorno mi nutrivo sia di ciò che ascoltavo che di ciò che riuscivo ad immaginare sul mio destino e di come avrei potuto crearlo. Non avevo disegnato un piano preciso o stilato una scaletta, ma di sicuro gli studi che avevo fatto mi avrebbero trasformato in un professionista affermato. Mi sarei dato da fare, lavorato con impegno, offerto i miei servizi e continuato ad approfondire la mia conoscenza. Tutto sarebbe andato al meglio. Anch’io, come tutti, usavo le cento miliardi di cellule nervose che avevo in testa in base all’educazione, cultura, abitudini e convenzioni. Anch’io, come tutti, producevo più connessioni degli atomi di un universo, eppure sotto sotto avevo l’impressione di pensare sempre gli stessi pensieri, di masticare ciò che era già stato masticato. Era solo una sensazione che a volte affiorava in superficie e che prontamente ributtavo giù, in profondità. Lui invece era diverso. Satsvarupa Dasa Goswami aveva altre idee sulla vita, perseguiva altri scopi e si muoveva in modo nuovo. Era una specie di eremita che in quel periodo viveva al nord, in un’isola in mezzo ad un lago. Scriveva, dipingeva, meditava, osservava e viveva la Vita cercando la felicità dentro di sé e ispirando gli altri a fare lo stesso. Aveva uno sguardo introspettivo che non avevo mai visto, un’onestà e trasparenza che lasciava senza parole e una visione dalla quale anch’io volevo cogliere qualche frammento. Prima di allora non mi era chiaro come i pensieri potessero connettersi con la vera intelligenza, quella che crea le cose invece che copiarle restando rintanata nel labirinto della mente. Quando mi confrontai con il suo modo di agire, una cosa diventò lampante: non sapevo pensare, pensavo in modo sbagliato, più che pensare “mi facevo pensare”. Il passato e il futuro erano le mie sole dimensioni, mentre al presente e a ciò che realmente accadeva, non badavo affatto. Come un fuoco in un bosco tenebroso mi avvicinavo alla luce di nuovi e antichi insegnamenti, mi scaldavo al suo tepore e prendevo rifugio sotto la sua protezione.

Sappiamo che il nostro lavoro consiste nel far realizzare i sogni degli altri, ma come possiamo aiutarli veramente e metterli al centro delle nostre azioni se non siamo in pace prima di tutto con noi stessi? Forse non era tutta colpa mia perché lo sanno tutti che controllare la mente è più difficile che domare una tempesta e a volte è lei stessa che si trasforma in un uragano che porta caos e distruzione nelle nostre vite.[1] Dai libri che leggevo capivo che lo strumento che avrei dovuto usare era la discriminazione, quella facoltà che mi avrebbe permesso di comprendere ciò che è meglio fare e qual è la direzione da prendere in ogni circostanza, ma tante volte nella vita di tutti i giorni e nell’attività professionale mi trovavo ad un bivio senza sapere minimamente quale strada seguire. Stavo lì, fermo. Guardandomi intorno mi accorsi che non ero solo. Anche loro, pur di non sbagliare per l’ennesima volta, ad un certo punto si erano arrestati,[2] non riuscendo più a sopportare di procedere casualmente e di raccogliere i miseri frutti di quel girovagare.

Pochi in realtà sanno quanto sia indispensabile avere una mente lucida per condurre al successo un’attività, ma ancora meno riescono a comprendere quanto sia poco lucida la loro mente. Pensano di compiere delle scelte razionali, di usare la loro discriminazione e di sapere dove stanno andando, ma in realtà sono in completa balia degli eventi e di ciò che la mente man mano propina.[3] La bramosia, la collera, l’avidità, l’orgoglio e l’invidia, distruggono ogni nostra capacità di discriminare ed è per questo che poi ci troviamo in posti che non volevamo visitare, compiamo scelte che non volevamo e raccogliamo risultati che non ci saremmo mai aspettati, nemmeno negli scenari peggiori.[4] Con mio grande dispiacere, e tanti tentativi infruttuosi, scoprii ben presto che non c’era una formula magica che avrebbe placato la mia mente una volta per tutte, nessun antico testo sapienziale ritrovato nelle caverne dell’Himalaya o simboli e amuleti che mi avrebbero protetto dalla sua influenza. Se anche tu stai cercando questo tipo di cose, ti avverto che nemmeno questo libro sarà la formula definitiva per liberarti dalla morsa di una mente fragile, perché non è un obiettivo da 21 giorni o giù di lì e non basta nemmeno applicarsi nel pensiero positivo e nel tentativo goffo di applicare la legge di attrazione. Serve tempo, pazienza, grande determinazione e soprattutto un metodo.

Marco Ferrini[5] insegna che secondo la filosofia Samkhya, una delle Scuole di pensiero più antiche, esistono due energie archetipe: spirito e materia (purusha e prakriti). L’universo è l’esito della loro combinazione e anche noi stessi altro non siamo che una scintilla spirituale (purusha, atma), incapsulata in un corpo di materia (prakriti, deha). Interessante è però comprendere che anche la nostra struttura psichica è costituita di materia[6] e ha la caratteristica di essere estremamente sensibile alle energie che pervadono questo mondo, come una pellicola fotografica a contatto con la luce. Una grande scoperta della scienza vedica è che anche gli oggetti sono carichi di energia psichica (pratyaya): un flusso energetico che stimola i nostri organi sensoriali, come ad esempio la vista che, come trasduttori, lo trasformano in un’altra lunghezza d’onda. Attenzione, con il termine “oggetti” non intendo solo le cose tangibili, che in questo contesto avrebbero poco rilievo se non per il fatto che il denaro che desideriamo in cambio del nostro lavoro è di fatto un elemento tangibile. Intendo anche quelle proiezioni della mente su stati futuri e immaginari creati dai modelli di successo che vengono proposti dalla nostra società e che poi diventano gli obiettivi “reali” sui quali poggiamo le nostre azioni: la fama, il potere, il rispetto, l’ammirazione degli altri ecc. Questi diventano veri e propri oggetti mentali sui quali meditiamo e conformiamo il nostro agire e le nostre aspirazioni. Perché Marco Ferrini dice tutto questo? Perché se la mente non è stabile, questi flussi psichici modificano il campo psichico sottoforma di onde mentali (vritti) e queste sono così potenti che non solo sviano, ma attraggono e condizionano in un modo quasi ipnotico, facendo credere a chi le subisce, ossia noi, che ciò che pensa sia la realtà delle cose. Per questo motivo una delle definizioni del termine yoga che viene data negli Yoga Sutra di Patanjali è “Yoga è l’acquietamento delle fluttuazioni della mente”.[7] Acquietamento significa ritrarre la mente dalle distrazioni superficiali per farla convergere verso l’interno, il cuore, dove può situarsi nella sua vera natura e iniziare ad agire nel modo corretto.

Usare nel modo giusto la mente, non significa rimanere seduti e meditare sul vuoto ma connettere i nostri pensieri ed emozioni in modo che le nostre azioni siano realmente dinamiche e portatrici di prosperità. Mi spiego meglio con l’aiuto di un’analogia raccontata da Radhanath Swami. Il livello dell’oceano rimane invariato sia quando i fiumi riversano poca acqua sia quando sono abbondanti: è così profondo che nessuna forza esterna può disturbare la sua quiete e il suo equilibrio. Pensa invece ad una pozza d’acqua: durante l’estate, si prosciuga completamente, e quando piove, straripa. Perché? Perché non ha la profondità dell’oceano.

Simile all’oceano immutabile che non straripa mai nonostante i fiumi che vi si gettano, solo una persona che non è disturbata dal flusso incessante dei desideri, che arrivano come fiumi che si riversano nell’oceano, può ottenere la pace, e non colui che lotta per soddisfare ogni desiderio.

Bhagavad Gita 2.70

Spesso ci comportiamo come delle pozze e gli eventi esterni determinano la nostra felicità e infelicità, mentre se siamo pieni e profondi dentro di noi nessuna forza esterna potrà disturbarci. Infatti, i pensieri si muovono così velocemente che ci distraggono anche quando stiamo facendo qualcosa che per noi è importante. Le emozioni sono così forti che possono portare via l’intelligenza anche in una persona che sta cercando di controllarle. Chiediti, quanti bei progetti e idee hai lasciato sul tavolo perché sei stato “rapito” da qualcos’altro? E non era necessariamente qualcosa di migliore, sbaglio? Tutto avviene lì, nella mente, e con il tempo anch’io capii che l’unico modo per risolvere la situazione era quello di cercare dentro di me un nuovo centro di gravità, di spostarlo un po’ più in basso, all’altezza del cuore.

Ora che abbiamo visto le prime quattro fasi del viaggio (Indifferente, Curioso, Interessato, Cliente) che hanno trasformato un semplice visitatore in un cliente pagante è arrivato il momento di parlare un po’ di te. Infatti, prima di addentrarci su come trasformare il cliente in un tuo promotore, affinché questa strategia diventi le fondamenta del tuo successo, bisogna compiere un piccolo mutamento di prospettiva. Un imprenditore è sempre disposto a operare piccoli e grandi cambiamenti all’interno del suo lavoro: nome dello studio, logo, veste grafica, piano marketing, collaboratori e soci, qualche piccola abitudine, ecc. I più volenterosi magari leggeranno anche libri dei padri del marketing per trovare il modo di decollare (Eugene Schwartz, Claude Hopkins, John Caple, Joseph Sugarman, giusto per citarne alcuni) o partecipano a corsi di sviluppo personale, di leadership e finanza. Questo ci rende onore ma di fatto sembra che il gioco sia cambiato proprio perché ci accorgiamo che tutti questi sforzi non bastano. Seth Godin ci viene in aiuto quando dice:

Se hai bisogno di persuadere qualcuno a fare qualcosa, stai facendo marketing. Se stai cercando voti alla riunione del consiglio comunale o una promozione, stai facendo marketing. Se stai scrivendo un testo sul tuo sito web, facendo un selfie per il tuo profilo sui social media o stai cercando di salvarti da una multa per eccesso di velocità, stai facendo marketing. Siamo circondati da persone che vorrebbero un po’ della nostra attenzione, della nostra fiducia e che compissimo qualche azione. Queste persone stanno facendo marketing con noi e saperlo ci aiuta a verificare se lo stanno facendo nel modo giusto (o sbagliato). Se qualcuno dice “Non faccio marketing”, probabilmente vuol dire “Non spendo soldi in pubblicità”. Quelle sono cose molto diverse. La nostra cultura è guidata, ora più che mai, dai professionisti del marketing. I link su cui facciamo clic, gli spettacoli che guardiamo, le persone per cui votiamo: sono tutti artefatti del marketing. Se non ti piace la situazione politica, stai commentando il marketing. Non appena ci assumiamo la responsabilità del marketing che facciamo e del marketing che ci viene fatto, abbiamo la possibilità di migliorare le cose (facendo cose migliori).[8]

Questa nuova visione e presa di responsabilità è fondamentale proprio in questo periodo di grandi cambiamenti intorno a noi perché se restiamo ancorati ai vecchi paradigmi, saremo semplicemente spazzati via dal tempo. Mi spiego, il mondo intorno a noi ci sta dicendo che puoi vincere solo facendo vincere per prime le persone che servi, e per far sì che queste non siano solo parole che scrivi sulla tua homepage o che dici ad un tuo potenziale cliente, è appunto indispensabile un cambio di mentalità, che ti consenta di avere la massima leva. Chi rimane ancorato a vecchi schemi combatterà sempre con un nemico invisibile, chi invece cambia mentalità si troverà una strada in discesa,[9] perché la mentalità è la cornice attraverso la quale vediamo il mondo, il “luogo” dove si combinano le nostre credenze, valori, paure e desideri e che determina l’ampiezza dello spazio, interiore ed esteriore, che abbiamo a disposizione per trovare le soluzioni, le idee e le strategie per migliorare ciò che abbiamo intorno.

Ora osserviamo questo aspetto sotto un altro punto di vista. Secondo la Teoria dei Giochi possiamo adottare due tipi di mentalità, finita o infinita.[10] Simon Sinek, [11] che ha sapientemente applicato questo tipo di approccio al business e al concetto di leadership, ci ricorda che una mentalità finita si applica ai giochi con giocatori noti, regole fisse ed un obiettivo concordato, che è vincere. Questi giochi infatti hanno un inizio e una fine e ne escono vincitori e vinti. In questo contesto si crea competizione e il confronto con gli altri, come negli sport individuali e di squadra: in una partita di tennis il tuo obiettivo è vincere più games del tuo avversario, in una partita di calcio hai 90 minuti per fare più goal possibili. Una mentalità infinita invece si applica ai giochi con giocatori sia noti che sconosciuti, in cui le regole sono intercambiabili e l’obiettivo è quello di perpetuare il gioco, ossia continuare a giocare enfatizzando così la cooperazione rispetto la concorrenza. I giocatori con questo tipo di mentalità si concentrano sul loro miglioramento personale e non sul battere gli altri giocatori. In questo contesto i giocatori vanno e vengono e le regole cambiano a seconda del contesto e del tempo. Appartengono a questa categoria il matrimonio, le amicizie e, appunto, gli affari. Per questo motivo non possiamo vincere nelle relazioni, nel matrimonio e, ti sembrerà strano, nemmeno nel business.

Il problema è che i modelli che abbiamo adottato finora aderiscono ad un tipo di linguaggio e di approccio che ha a che fare solo con un gioco finito. Frasi come “battere la concorrenza” o “acquisire quote di mercato” fanno l’eco proprio a questo tipo di mentalità e, se applichiamo la mentalità sbagliata a ciò che stiamo facendo, miniamo nelle fondamenta ogni nostro sforzo perché, se pensi alla tua attività come ad un gioco finito, ne risentiranno la motivazione, la cooperazione e anche lo spirito di innovazione e di capacità di cambiamento. Se invece inizi a pensare al tuo lavoro come ad un gioco infinito capirai da subito che l’unica persona con la quale devi fare i conti sei proprio tu. Migliorare giorno dopo giorno diventerà la metrica più importante per costruire un’attività forte, innovativa ed ispirata. Anche i tuoi collaboratori nutriranno fiducia l’uno nell’altro. Inoltre, questo tipo di visione ti consentirà, come direbbe Otto Scharmer, di abbracciare il futuro che emerge e di accettare con gioia il cambiamento in un universo in continua evoluzione.[12] Simon Sinek schematizza così: “Chi adotta una visione finita gioca per battere i giocatori che li circonda, coloro che invece adottano la visione infinita giocano per essere migliori di loro stessi.“. Quando parlo di miglioramento personale non intendo necessariamente la crescita personale ma includo il migliorare le nostre capacità, offrire esperienze migliori ai nostri clienti, creare prodotti migliori, risolvere continuamente problemi più difficili, usare il nostro tempo al meglio. Ad esempio, Roger Federer e Rafael Nadal, i tennisti migliori di tutti i tempi, pensano l’uno dell’altro come lo strumento che ha permesso loro di diventare ciò che sono, proprio perché li stimolava a migliorarsi sempre di più. Come vedi, una mentalità infinita ci dà un maggiore controllo perché ci permette di concentrarci su ciò che possiamo fare noi proprio qui e ora e non si disperde nel cercare di modificare ciò che non possiamo controllare, ossia gli altri e l’andamento del mercato. Ora formati un attimo e chiediti:

  • Cosa potrei migliorare oggi che sarebbe più significativo per me, i miei collaboratori e i miei clienti?

Intendiamoci, la modalità vittoria-sconfitta a volte può dimostrarsi valida nel breve termine, tuttavia come strategia a lungo termine può portare gravi conseguenze. Simon Sinek ci mette in guardia:

Gli esiti di questa mentalità predefinita suonano fin troppo familiari: tornate annuali di licenziamenti di massa per soddisfare proiezioni arbitrarie, ambienti di lavoro spietati, priorità data agli azionisti piuttosto che alle esigenze di dipendenti e clienti, pratiche aziendali disoneste e poco etiche, premi all’elevato rendimento degli elementi tossici di un team (chiudendo un occhio sugli effetti nefasti che il loro operato ha sul resto della squadra) e a quei leader che sembrano preoccuparsi molto di se stessi e poco di coloro di cui sono responsabili.

Questi sono tutti aspetti che contribuiscono ad offuscare lealtà e impegno, ad accrescere l’insicurezza e l’ansia che purtroppo ormai sembrano parte inscindibile della nostra personalità. È un approccio impersonale al lavoro proprio perché non ne rileva la componente cuore, la vita, e ci porta ad agire stimolati solo dal nostro primo cervello, quello rettiliano e più vicino al mondo animale.[13]

Certo, tutti noi diciamo che le persone vengono prima del profitto ma pochi mettono realmente in pratica questo principio, spesso perché non sanno come fare o hanno ceduto al pensiero cinico che viene propinato quotidianamente. Il Sistema infatti ci tratta come persone ingenue ed incapaci di comprendere il funzionamento della realtà: ti dicono di saltare e tu dici: quanto in alto?[14] Questo stato di cose ci ha fatto rassegnare ad una vita che non era come ce l’eravamo immaginata: spesso il lavoro che facciamo non ci piace o non ci fa sentire al sicuro oppure fatichiamo molto a trovare un senso a ciò che facciamo.[15] Forse è per questo che dietro alla promessa di un equilibrio tra vita e lavoro si è creato un mercato enorme. Quindi, portare dalla mente al cuore il centro delle tue scelte ed azioni e porre questo nuovo punto in un ambito di movimento molto più ampio, significa cambiare completamente l’orizzonte di senso del tuo operato e ruolo nel mondo. Significa ad esempio scegliere la cooperazione in sostituzione della competizione. È infatti facile che i tuoi clienti comprino prodotti e servizi simili ai tuoi anche da qualcun altro e questo non dovrebbe essere un problema per te. Spesso invece ci abbattiamo nel vedere che anche altre persone hanno le nostre idee e proposte riguardo il mercato in cui operiamo e che magari le stanno usando con maggior successo. Ci dimentichiamo però che quando ci sono molte attività sul mercato significa anche che ci sono molti clienti, perciò constatare che non sei l’unico non solo dovrebbe rassicurarti ma anche stimolarti.

Quando parlo di controllare la mente mi riferisco a capire quali pensieri entrano in noi e come non indentificarci con essi. Di certo non parlo di controllo della mente degli altri come invece tanti professionisti e “guru” del marketing propongono. Non è semplice da attuare sia perché la nostra mente non sempre opera per il nostro bene sia perché il nostro cuore è probabilmente ingombro di emozioni, rancori e paure che non le permettono di funzionare al meglio. Nel nostro cuore esistono infatti tre nodi da sciogliere che stimolano proprio i nostri tre cervelli (primitivo, limbico e neocorteccia) i quali hanno un preciso effetto sulla tua attività proprio perché condizionano visioni del mondo e comportamenti radicalmente diversi. Guardiamoli uno ad uno.


[1] BG 6.34: la mente in verità è instabile, turbolenta, forte e testarda. Trattenerla sembra più difficile che trattenere il vento.

[2] La parola “arrestare” offre il senso pieno di questa situazione nella quale viene in qualche modo auto imposta una restrizione della libertà personale, della nostra sfera di movimento fisico e mentale che non ci permette di compiere dei passi in nessuna direzione. Frankie Hi-Nrg MC nel brano Autodafè (1997) ha descritto molto bene questo stato di immobilismo: “Carceriere di me stesso con la chiave in tasca invoco libertà, ma per adesso so che questa cella resterà sprangata a triplice mandata dall’interno: sono l’anima dannata messa a guardia del mio inferno. Reprimo ogni possibile “me”, inflessibile, inarrestabile nel mio restare fermo immobile. Segno i giorni scorrere sul calendario, faccio la vittima, il mandante ed il sicario.”

[3] BG 2.44: Coloro che si aggrappano ai beni e al potere e hanno la mente rapita da queste cose, non possono avere una ragione determinata e pienamente focalizzata.

[4] BG 3.36-38: Dunque, che cosa spinge le persone a commettere errori, anche involontariamente, come se dovesse succedere per forza? È collera, che nasce dall’energia della passione. Questo è il grande divoratore, il grande male. Sappi che è il nemico. Copre questo mondo come il fumo copre il fuoco, la polvere copre uno specchio, l’utero copre l’embrione.

[5] Vedi nota 31. 

[6] BG 7.4-5: Terra, acqua, fuoco, aria, spazio, mente, ragione e ego, questa è la mia ottuplice energia. Essa è inferiore, ma sappi che c’è anche la mia natura superiore che anima il mondo: gli esseri viventi.

[7]Citta vritti nirodhaha”. Vedi, Yoga Sutra di Patanjali, a cura di Piera Scarabelli e Massimo Vinti, Edizioni Mimesis, 2012.

[8] https://seths.blog/2019/01/what-is-marketing/

[9] Nel Vangelo di Marco (1.15) il termine greco che viene usato è metanoèite, che significa: “cambiate mente, cambiate pensiero”. Metanoèite deriva da metànoia, dove “nous” in greco significa intelletto, mente, pensiero.

[10] James P. Carse, Finite and Infinite Games: A Vision of Life As Play and Possibility, Free Pr, 2013.

[11] Simon Sinek, Il gioco infinito, Vallardi, 2019.

[12] Otto Scharmer, Katrin Kaufer, Leadership in un futuro che emerge. Da ego-sistema a eco-sistema: nuove economie e nuove società, Franco Angeli, 2015.

[13] La nostra era digitale non ne è immune anzi, si direbbe che la velocità con la quale le informazioni si accavallano l’una con l’altra e la potenza devastante che sembra aver sviluppato il capitalismo, non faccia altro che farci scivolare sotto l’influenza di un pensiero sempre più a breve termine.

[14] “They say jump and you say how high”. Dal brano “Bullet In The Head” dei Rage Against the machine (Album Rage Against The Machine, 1992)

[15] Noam Chomsky, Tre lezioni sull’uomo, Ponte alle Grazie, 2016.