Cosa vedi dalla finestra?

Guarda fuori dalla finestra, apri uno schermo o leggi una rivista e vedrai una montagna di pubblicità, diretta o indiretta, con richiami che alludono in modo sempre più esplicito a modelli di riferimento impossibili da raggiungere e una serie infinita di prodotti e servizi che dovresti avere o usufruire per poter essere visto come vincente, o almeno accettabile, da una società sempre più competitiva.

Purtroppo, stiamo diventando destinatari passivi di strategie e tecniche sempre più raffinate che spesso toccano i nostri istinti più bassi per renderci meno razionali e farci comprare, quasi senza pensarci.

È un inganno che troviamo più volte ripetuto nella storia, ma che nell’ultimo secolo ha raggiunto proporzioni inimmaginabili tanto che è sempre più difficile distinguere la verità dalla menzogna, capire se ciò che sentiamo sono i nostri veri desideri o solo il risultato di un addestramento al consumo che dura da tutta una vita.

Il risultato più lampante è che spesso compriamo cose non necessarie, inseguiamo in una corsa senza fine modelli che non sono nostri e la vita è ormai diventata un tentativo sempre più goffo e insicuro di guadagnare per permetterci una vita progettata da altri.

Forse ci stiamo riducendo a semplici “prede” distratte nelle mani dei colossi privati senza più tempo per pensare e verificare a quali risultati conducano le nostre scelte di consumo.[1]

Perché partire da un’immagine così pessimista?

Attraverso la mia esperienza diretta e delle tante persone che ho conosciuto e in parte aiutato negli ultimi anni, mi sono persuaso che in questo scenario, che ricorda Mangiafuoco nel Paese dei Balocchi, persone normali come me e te, spesso non riescono ad agire in modo lucido ed efficace nella loro attività, ad esempio quando scelgono delle strategie per vendere i loro prodotti e servizi.

Siamo infatti così condizionati dai modelli di marketing che vediamo intorno a noi, da impedirci di adottare quei cambiamenti che invece potrebbero realmente aiutare la nostra attività. Il risultato è che nonostante ce la mettiamo tutta per fare del nostro meglio, e Dio solo lo sa quanto sia dura in certi momenti, raccogliamo quasi sempre meno frutti di quanto abbiamo seminato.

Non so te, ma io non ho mai voluto trasformarmi in una persona che farebbe di tutto pur di vendere, entrando a gamba tesa in un gioco al massacro sempre più competitivo. Né ho mai voluto avere una parte in questo teatro, in questa sceneggiata che inganna, depista, raggira e imbroglia in modo subdolo; un copione scritto da altri, dove gentilezza, bellezza e verità sono scomparse o, se ci sono ancora, devono essere nascoste per timore che vengano derise.

Non voglio nemmeno alzare sempre più la voce per farmi sentire e per mostrare agli altri i risultati delle mie fatiche oppure credere al detto “se non ti guardano non esisti” (perché in effetti non c’è teatro senza un pubblico) e quindi inventarmi parate, trombe, bandiere, podi e vincitori, vetrine e spettacoli, megafoni e piazze, online oppure offline[2].

Infine, non ho mai voluto ridurmi ad usare contratti, alleanze e strategie per poter navigare sulle onde della fama e del prestigio, perché ho presto capito, e a mie spese, un fatto: qualsiasi tipo di successo stessi vivendo in quel momento, non dipendeva dalla robustezza del mio vascello, ma dalla bussola che avevo scelto di usare per arrivare alla meta.

Ad un certo momento mi sono dovuto porre delle domande perché nonostante i miei studi, la mia preparazione e il mio impegno, le cose sembravano non funzionare come avrebbero dovuto.

Ho così iniziato a guardarmi intorno per capire come avrei potuto migliorare le cose e, a prima vista, sembrava servissero un’infinità di abilità: public speaking, tecniche di gestione del tempo e dell’efficacia, leadership, arte della negoziazione, pensiero positivo, neuromarketing, copywriting, social media marketing, ecc.

Così mi sono tuffato in un corso dopo l’altro non riuscendo però mai a colmare quella sensazione fastidiosa di non saperne mai abbastanza, di dover dedicare una vita intera allo studio di ogni singola disciplina. Inoltre, per quanto preciso, intelligente e brillante potessi essere, mi rendevo conto che non sarei mai sfuggito all’errore e per questo motivo non mi sentivo soddisfatto né con la situazione realmente sotto controllo.

Persi così fiducia in me stesso e nel mio lavoro.


[1] Noam Chomsky, Il bene comune, Piemme, 2004; Martin Angioni, Amazon dietro le quinte, Raffaello Cortina Editore, 2020.

[2] Con il termine offline si indica tutto ciò che accade al di là e al di fuori di una connessione telematica, quello che viene chiamato anche “mondo reale”.