È meglio compiere il proprio dharma, anche se in modo imperfetto, che il dharma altrui. Anche la distruzione nel compimento del proprio dharma è preferibile che essere impegnato nel dharma altrui, perché seguire il sentiero altrui è pericoloso.
[Bhagavad Gita 3.35]
Era una persona che se l’avessi messa su un sentiero di montagna, e di fatto ci andava spesso, avrebbe sicuramente affrontato la salita in modo del tutto personale.
Molto incline alla meditazione e allo stesso tempo caparbio. Non si sentiva mai in gara con qualcuno se non con se stesso, al quale richiedeva davvero molto.
Se durante la salita mi fossi fermato, non mi avrebbe biasimato ma con un grande sorriso mi avrebbe incitato a fare un passo in più. Sarebbe servita una buona gamba per stargli dietro perché lui sarebbe andato su come una lepre, tagliando i sentieri e trovando percorsi alternativi, come attirato dalla vetta e come se fosse stato il primo uomo che la scalava, così ogni volta che l’avesse fatto.
Ma ogni tanto, nel bel mezzo della salita, si sarebbe fermato per immergersi nella natura, per guardare il cielo, un fiore o semplicemente ascoltare il silenzio, come se la vita potesse giustamente finire in quel preciso istante.
Era il 2012, professionalmente un periodo di grande sofferenza per me. Da pochi anni avevo aperto uno studio insieme a due fantastici amici e poco dopo uno di questi aveva deciso di mettersi in proprio. Avevamo così perso alcuni progetti anche se ne stavano arrivando di nuovi. Ma non era questa la sofferenza.
Le sfide di solito non mi preoccupavano anzi, mi hanno sempre stimolato, ma questa volta c’era qualcosa di più profondo che non tornava. Ero stanco. Spendevo quasi tutte le mie energie nel far finta di essere felice, appagato e con la situazione sotto controllo, ma non era così. Avevo costruito una specie di maschera che ora faticavo a togliermi e che nel tempo mi aveva fatto perdere fiducia in me stesso e il senso di quello che facevo.
Fu una serie di eventi apparentemente casuali che mi portarono davanti a quel palco dove lo incontrai per la prima volta. Il suo carisma era coinvolgente, direi travolgente. Italo parlava di libertà, di indipendenza e di trovare il proprio posto nel mondo, per poter compiere un balzo verso l’alto.
Si percepiva che lui stesso avesse trovato uno scopo molto chiaro e un equilibrio tra dimensione interiore ed esteriore, tra spirito e materia. Ero emozionato perché ogni parola che diceva toccava corde profonde: avrei dovuto ritrovare la passione che avevo perduto nel mio lavoro.
Simon Sinek[1] sostiene che ogni azienda, organizzazione o carriera individuale funziona secondo tre livelli: cosa facciamo, come lo facciamo e perché lo facciamo. Questi livelli fanno parte del nostro modo naturale di compiere decisioni e, aggiungo io, corrispondono a tre nodi che abbiamo nel cuore (rispettivamente di Shiva, Vishnu e Brahma. Ne parleremo…).
Tutti sanno quello che fanno, almeno in ambito professionale, ossia sanno che sono dei commercialisti, architetti, insegnanti di yoga, imprenditori ecc. e qual è il loro compito.
Solo alcuni di questi sa realmente come svolgere al meglio ciò che devono fare e qual è la loro unicità: questa è la differenza tra un professionista bravo e uno mediocre.
Ma pochissimi sanno perché lo stanno facendo e il risultato di questa mancanza è che non riescono realmente a fare la differenza nel loro campo, ad essere felici.
Finalmente avevo trovato l’anello mancante, quello che non faceva girare la ruota, così ho deciso di cambiare radicalmente l’ambito del mio lavoro. Sapevo che non sarebbe stata la mia ultima mossa, ma bastava per muovere le acque. I miei colleghi e amici subito non compresero ma in quel momento fu la decisione più semplice e ovvia per me. In verità non era nemmeno una scelta ma una constatazione.
Non lasciavo nulla alle spalle, perché quello che ero sarebbe venuto con me, ma aggiungevo una motivazione e in quel momento valeva tutto. La prima domanda che vorrei ti facessi e che svilupperemo nelle prossime lezioni è:
Forse potresti sentire questa domanda addirittura fuori contesto, ma non stiamo avanzando in modo usuale, e nemmeno casuale. Inizia a pensare almeno ad una possibile risposta da dare, non dev’essere scolpita nella roccia ma è l’inizio del cammino.
[1] Simon Sinek, Start with Why, Penguin, 2011.