Siamo alla terza lezione del Mini-corso “La Vita è un Gioco” (LVG). Facciamo un piccolo cambio di prospettiva: da dentro (cosa vogliamo dalla vita) a fuori (cosa vuole la vita da noi) e vediamo cosa implica questo cambio di punto di vista. Ha a che fare con l’empatia, l’ascolto e un segreto di questi fantomatici Punti di Svolta!
Dopo aver visto l’importanza della giusta mentalità nell’affrontare le varie situazioni della nostra vita, e come ci può essere utile la teoria dei sistemi per progettarla, facciamo un piccolo cambio di prospettiva, ossia passiamo da dentro (cosa vogliamo noi dalla vita) all’esterno (cosa vuole la vita da noi) e vediamo cosa implica questo cambio di punto di vista.
Sono convinto che la felicità e la serenità si possano raggiungere attraverso piccoli cambiamenti, che spesso riguardano la nostra interiorità, la nostra casa e il nostro lavoro.
In questi 3 ambiti possiamo trovare dei Punti di Svolta, ossia quei piccoli cambiamenti che possono portare grandi risultati nella nostra vita.
Avremo tempo di approfondire questi ambiti per capire perché sono così importanti, ma per il momento restiamo vaghi e continuiamo ad acquisire strumenti utili.
Ora continuiamo con l’esempio della meditazione, ossia l’ambito dell’interiorità, ma più avanti toccheremo anche la sfera della casa e del lavoro, ossia il nostro modo di abitare con gli altri e con il mondo.
Il Mantra yoga aiuta a stabilire una connessione con i vari piani dell’essere e, come in ogni comunicazione, è necessario sapere perché e in che modo stiamo alzando la cornetta.
Un malinteso piuttosto diffuso è pensare che la meditazione sia qualcosa di facoltativo, che si può aggiungere o no alla nostra vita e quindi possiamo anche scegliere di non fare.
Di fatto tutti noi stiamo già meditando 24 ore al giorno, solo che la maggior parte non ne è consapevole. O meglio, crede che il dare così tanta importanza al proprio lavoro, al prestigio, alla competizione, alla rivalsa sugli altri, non sia una meditazione a tutti gli effetti i cui risultati si faranno sentire.
La vera meditazione, quando svolta con consapevolezza e con l’obiettivo di elevare la propria coscienza, ci permette invece gradualmente di riscoprire la migliore versione di noi stessi e imparare a liberarci dai condizionamenti e dalle dipendenze radicate nell’inconscio.
E con questo non indico solo l’atto di sedersi, chiudere gli occhi e recitare qualche preghiera, ma anche al modo in cui abitiamo le nostre case e al modo in cui lavoriamo. Questi infatti sono gli ambiti principali della nostra vita, visto che è lì che trascorriamo la maggior parte del nostro tempo.
Purtroppo, nei vari corsi di sviluppo personale c’è una tendenza a focalizzarsi ad un’interiorità distorta, ossia ai nostri desideri, necessità, bisogni, obiettivi, speranze e sogni.
Ne escono quindi frasi del tipo: “Voglio raggiungere…”, “i miei obiettivi per il 2021 sono…”, “voglio guadagnare…”.
Ma le cose cambiano quando spostiamo l’attenzione a ciò che ci chiede la vita e a come noi possiamo essere utili al prossimo. Suonano tipo così:
Da questo nuovo orientamento, non solo riceviamo la giusta direzione per ogni decisione che dobbiamo prendere, ma creando valore nella vita degli altri, ne riceviamo altrettanto nella nostra.
Il valore che creiamo è la CAUSA, quello che riceviamo è l’EFFETTO.
Pensaci con attenzione, a mente fredda e con onestà. Sai che funziona così e anche se hai vissuto esperienze dove gli altri si sono presi più di quanto volevi offrire, o in alcuni momenti ti sei sentito annullato come persona, sai che è questa la direzione giusta da prendere e che devi solo imparare come metterla in pratica meglio.
Infatti, prima di metterci in azione è nostra responsabilità capire pienamente in che modo si integrano la nostra personalità, i nostri talenti e capacità, con ciò che la vita ci sta chiedendo attraverso le varie situazioni che dobbiamo affrontare.
Ogni necessità ha delle componenti funzionali, sociali ed emotive e queste influenzano il processo che sta alla base di ogni relazione appagante, tra noi e le altre persone e tra noi e la vita in generale.
C’è un elemento particolare che vorrei approfondire, perché ho visto che è una componente necessaria per poter agire in modo realmente efficace: l’empatia.
L’empatia è la capacità di uscire da noi stessi ed immedesimarci con l’altro o con la situazione in sé (quando qualcosa capita direttamente a noi). Il suo contrario è la ‘dispatia’ ovvero il rifiuto di condividere i sentimenti o le sofferenze altrui, ma anche il rifiuto di entrare in sintonia con ciò che ci capita.
Nessuno pensa di essere ammalato di dispatia ma di fatto è proprio quello che accade alla maggior parte di noi.
Quando non vogliamo farci coinvolgere da chi abbiamo vicino, quando vediamo le sofferenze del prossimo e non riusciamo a separare la persona dalla malattia, ma soprattutto quando non ascoltiamo più quelle parti di noi che abbiamo così tanto trascurato, ecco, in quei momenti siamo dispatici.
L’empatia invece è una comunione affettiva (sì, ci vuole affetto) attraverso un processo di immedesimazione che ci permette di comprendere i sentimenti dell’altro e, nel nostro caso, anche i nostri.
Non sto parlando di uno sforzo intellettuale, ma del funzionamento naturale dell’essere umano, quando non lo auto-sabotiamo.
I nostri neuroni specchio infatti si attivano sia quando compiamo delle azioni, che quando le vediamo compiere. Pensa, si attiva la medesima area cerebrale, proprio come se avessimo svolto quell’azione.
Siamo quindi “programmati per essere empatici” per sentire gli altri dentro, per comprendere il prossimo, per socializzare in modo evoluto ed evolutivo e per l’affetto.
BG. 6.32: Pensando agli altri come a se stesso, chi vede in modo equanime in ogni luogo sia nella gioia che nel dolore è rispettato come lo yogi più elevato.
L’empatia parte dal presupposto che proveniamo tutti da una stessa sorgente, a livello spirituale e materiale.
Questo porta a sentirci parte di una stessa famiglia e quindi ci permette di ampliare il nostro senso di identità.
Questo succede ad esempio durante le calamità, quando in un momento sentiamo di appartenere al genere umano come specie e quindi ci prodighiamo per salvare la vita anche di chi non conosciamo affatto.
Ricordi un terremoto qualunque avvenuto negli ultimi anni? Ad esempio il terremoto di Haiti del 2010 ha provocato 230.000 morti. Nel giro di poche ore hanno ricevuto la solidarietà e l’aiuto di persone da tutto il mondo.
Il nostro obiettivo è estendere questo sentimento a tutti gli esseri viventi (esseri umani, animali, piante), perché in fin dei conti abitiamo tutti nella stessa casa e proveniamo dalla stessa sorgente.
Dovremmo quindi lavorare su un nuovo modo di concepire noi stessi: non più basato sul vincolo di sangue o poco più, come siamo soliti fare, e nemmeno a quello religioso o nazionale, ma allargare (e di molto) il raggio.
Prima di tutto ci serve comprendere che provare vera empatia non è una debolezza del cuore, ma la prerogativa per poter agire senza attaccamento e mirando al benessere del mondo intero (Bhagavad Gita 3.25) e chi sa discriminare dice che colui che compie ogni suo sforzo senza motivi egoistici è un saggio il cui karma è bruciato dal fuoco della conoscenza. (Bhagavad Gita 4.19).
L’empatia è la mano invisibile che ci connette agli altri.
Quindi, perché ci allontaniamo da questa natura che sembra ci porti solo benessere? Perché invece alcuni sono connessi a qualcosa di più stabile e armonioso anche nelle situazioni più difficili?
Il linguaggio, le parole che ci diciamo dentro e poi quelle che diciamo agli altri, gioca un ruolo importante.
Il Mantra yoga infatti ha tra gli obiettivi quello di sostituire le parole che ripetiamo continuamente dentro di noi, in quel dialogo incessante che si crea dentro di noi.
Il linguaggio, prima di essere un mezzo per comunicare con gli altri, è lo strumento del pensiero perciò è nostro compito armonizzarlo per poter dischiudere mondi ora inaccessibili.
Ecco quindi alcuni atteggiamenti che bloccano l’empatia:
Iniziamo da noi stessi per sviluppare empatia e poi questo sentimento si propagherà in tutte le direzioni.
Infatti, forse l’aspetto più importante è il modo in cui in ogni momento valutiamo noi stessi, perché siamo abituati a valutarci in modo estremamente poco empatico: vergogna, dovere, pretese interiori, giudizio, senso di colpa e a volte persino odio.
So che è un punto delicato e sto pensando di creare un percorso che aiuti proprio in questa direzione, ma come primo passo dovremmo “celebrare la perdita”, ossia accettare con serenità il nostro essere meno che perfetti e focalizzarsi sullo sviluppo di qualità divine piuttosto che arenarci nel giudizio.
Il passo seguente è inevitabilmente il perdono, per poterci liberare dai vecchi fardelli e iniziare a considerare il nostro desiderio più profondo di contribuire alla vita.
Quando riuscirò a sostituire DEVO con SCELGO, la nostra vita potrà tornare ad essere un gioco.
Si capisce quindi che per cambiare prospettiva ci vuole un certo grado di elasticità, serve quindi allenare questo muscolo.
Sviluppare questa capacità ti consentirà di “disegnare” ogni interazione e creazione nella tua vita.
Ne uscirà una sorta di mappa dell’empatia per ogni relazione che hai, nella quale immaginerai cosa pensa, vede, ascolta, dice e sente la persona davanti a te, ovviamente anche verso te stesso o te stessa.
Capirai meglio come relazionarti in ogni situazione, perché appunto sei fuori dal tuo schema, dalla tua personale visione delle cose, dal tuo “spazio della soluzione” per abbracciare un nuovo spazio.
Per poter immaginare, prima avrai bisogno di ascoltare chi ti sta di fronte e questa dinamica faciliterà il processo e ti darà nuova forza e sicurezza.
La qualità della relazione si basa infatti sull’ascolto non valutativo e si concentra sulla comprensione dei sentimenti e bisogni fondamentali dell’altro.
L’ascolto profondo, ossia capire, anche tra le righe, di cosa realmente abbia bisogno la persona che ci sta di fronte, anche quando si tratta del nostro ego ferito.
Abituiamoci a guardare oltre il problema di quel momento, a leggere oltre le righe, oltre le parole, oltre l’ambivalenza dei gesti e dei comportamenti.
Un vecchio detto dice:
Quando anteponi il chiarimento ad un’azione, stai creando una relazione, invece che un’opinione. Quando anteponi l’azione al chiarimento stai creando un giudizio, invece che un’opportunità.
Dimentichiamo troppo spesso che non siamo esseri così razionali come pensiamo e non siamo consapevoli di molti dei nostri comportamenti.
Di fatto nessuno di noi sa cosa realmente accada nel nostro cervello ma ciò nonostante quando ci esprimiamo sulle nostre idee lo facciamo in modo convincente e sicuro, come se avessimo la situazione sotto controllo.
In realtà stiamo solo raccontando storie o giustificandoci perché non riteniamo dignitoso o utile dire, anche a noi stessi, “non lo so”.
Per questo motivo non basta un ascolto passivo, ma come ti dicevo serve andare oltre le parole. Non farlo potrebbe portarti completamente fuori strada.
Ricorda che tutto passa attraverso l’ascolto, la comprensione e il mettersi in un atteggiamento di servizio.
Solo poi si potrà compiere un’azione che sia degna di questo nome, ossia efficace, precisa, tecnologica e sapiente.
Prova a fare il contrario, a dare un consiglio a qualcuno senza prima averlo ascoltato. Cosa succederebbe?
Spesso abbiamo fretta di parlare, di dimostrare e a volte di imporre le nostre limitate convinzioni, senza aver fatto un solo passo verso chi ci sta di fronte e verso la nostra vera natura.
L’ascolto e la mappa empatica quindi ti permetteranno di mettere nella giusta prospettiva ciò che fanno gli altri per raggiungere i loro obiettivi e come fanno ad evitare i problemi. Sarai così in grado di vedere ogni situazione con distacco e al contempo con un forte desiderio di aiutare.
Ma queste sono solo parole se non si trasformano in azioni. Ci sono perciò 4 principi da rispettare:
Quando giochiamo con la vita adottando questa prospettiva, stiamo giocando ad un gioco infinito che ci porterà molto lontano, dove ogni singola azione è un grande investimento che durerà a lungo.
E se diventa la nostra normalità accadranno delle cose inaspettate, come se agisse una nuova forza gravitazionale capace di portarci in luoghi prima sconosciuti e inimmaginabili: una forza invisibile i cui effetti si faranno sentire ovunque.
Perché la vita vedrà in noi uno strumento utile per raggiungere i suoi scopi.
Se prima di ogni scambio agiamo per servire, riceveremo sempre più attenzione e fiducia, che a loro volta diventeranno la base di ogni cosa che faremo.
Agiremo quindi mossi dal giusto sentimento e intenzione.
Senza fiducia e senza attenzione, non riusciremo a dare il nostro contributo quindi, quando ci focalizziamo sul costruire migliori relazioni con gli altri, tutto diventerà più facile.
L’inevitabile conclusione è che la nostra felicità si allinea con quella di chi ci sta attorno. Perché avremo usato al meglio i nostri talenti e capacità, che è ciò che rende la nostra vita piena e appagante.
Inoltre, guardando ad ogni situazione come ad una nuova opportunità, saremo riusciti a trasformare i nostri NO alla vita in SÌ colmi di gioia e gratitudine.
Alcuni rimangono ancorati a vecchi schemi di pensiero e azioni a breve termine, altri invece non fanno nulla per cambiare la loro situazione, ma altri ancora riescono ad essere consapevoli di come si muove la vita, si impegnano verso quella direzione e accolgono la trasformazione positiva in ogni loro esperienza.
La loro visione diventa chiara, lucida, focalizzata e ad alta definizione.
In conclusione vorrei aggiungere un elemento che credo sia interessante.
L’empatia può svilupparsi solo nella realtà delle cose, tra persone vere, e mai verso finzioni, come una nazione, un’azienda, i soldi, una squadra di calcio, la giustizia, qualsiasi valore astratto o mito.
Questi ultimi sono solo degli strumenti che ci sono estremamente utili per permetterci di cooperare tra di noi: persone che seguono lo stesso mito, lo stesso racconto, si riconoscono tra di loro e possono fare delle cose insieme, senza dover essere particolarmente legati o intimi amici.
Ma non dimentichiamo mai che sono solo degli strumenti e che la realtà è qualcosa di completamente diverso. Una nazione non può soffrire, ma una persona sì!
I miti possono cambiare, anche molto velocemente, e purtroppo se ci pensi la maggior parte delle guerre si sono combattute proprio su conflitti tra miti diversi, tra narrazioni differenti.
Noi invece restiamo, e così resta la nostra parte più intima, l’anima.
L’anima non è mai nata né mai muore, essendo esistita non cesserà mai di esistere. Non-nata, eterna, immortale, primordiale, non viene uccisa quando il corpo viene ucciso. (Bhagavad Gita 2.20)
Spesso anche noi cadiamo vittime di queste dinamiche distruttive e alienanti e ci troviamo a difendere posizioni o combatterne altre, in base solo a delle storie che ci siamo raccontati e alle quali abbiamo scelto di credere.
Per questo motivo anche la dimensione divina, quando rimane solo un racconto e non diventa esperienza concreta, può diventare un mito pericoloso se nel suo nome creiamo conflitti, se quindi perdiamo quel senso di empatia che ci fa apprezzare la nostra rispettiva diversità, che tra l’altro è una delle caratteristiche principali della creazione.
Ed ecco che torniamo ai 3 ambiti dove possiamo trovare i nostri Punti di Svolta, ossia il nostro modo di abitare noi stessi, la casa e il mondo.
Ora, per cortesia, rileggi ciò ho scritto fino a questo punto perché tra le righe ho lasciato appositamente qualche regalo da scoprire.
La prossima lezione di questo mini-corso “La Vita è Gioco” (LVG), dischiuderà un principio di funzionamento che, se non conosciuto e applicato, ti costringerà ad abbandonare velocemente la partita, mancando completamente l’obiettivo.
Intanto rifletti, in quale circostanza ti è più facile usare l’empatia e l’ascolto? E in quale invece ti risulta più difficile? In quale dei 3 ambiti intravvedi dei possibili Punti di Svolta?
Om tat sat,
Andrea (Ananda Kishor)