Il nodo di Vishnu

Il secondo nodo parla proprio di relazioni ed è chiamato nodo di Vishnu (Vishnu Granthi). Vishnu è colui che mantiene l’universo ed è la figura divina più importante nel pantheon indo-vedico perché direttamente collegato alla figura assoluta di Dio. Questo nodo è legato alla nostra identità egoica, ai nostri attaccamenti emotivi, al riconoscimento degli altri stati d’animo e anche ad esempio al desiderio di fare del bene, di proteggere gli altri, proprio perché si comprende che la nostra identità è sostenuta dalle nostre relazioni. Se nel primo nodo avremmo potuto anche essere soli, perché ci sarebbe bastato sopravvivere, anzi, in qualche modo è proprio quello che cercavamo avvenisse,[1] nel secondo nodo c’è anche il senso dell’altro. Ovviamente l’altro può essere anche sfruttato per conseguire i nostri desideri perché in questo nodo del cuore si esprime anche la paura di essere ignorati, il senso del possesso e il desiderio di fama. In riferimento al nostro sistema nervoso centrale, questo nodo potrebbe simbolicamente essere collegato al cervello limbico detto anche cervello emotivo o cervello sociale, ossia il cervello dedicato al riconoscimento degli altri, alle relazioni, all’attaccamento e alla dipendenza. Nel sistema limbico troviamo infatti i neuroni specchio che attivandosi involontariamente sia quando eseguiamo un’azione sia quando osserviamo la medesima azione compiuta da un altro, stimolano l’empatia e la persuasione proprio perché ci aiutano a leggere il prossimo e a comprendere meglio quali sono le sue emozioni.

Se la tua attività viene gestita strategicamente e a livello comunicativo solo da questo nodo, le tue scelte saranno estremamente mutevoli e il modo di guardare il mondo, in cerca dell’approvazione degli altri e dell’ultima strategia del momento (sperando che sia quella giusta), non potrà che portare frutti di questo sapore perché si basa sull’instabilità emotiva e sulla visione dell’altro come un mezzo per creare legami di dipendenza e per esserne dipendente,[2] con tutti gli effetti che comporta. In balia delle opinioni degli altri conduciamo la nostra attività in base alle opinioni mutevoli e spesso incoerenti di quello che riteniamo pensi il nostro pubblico, creando scenari di enorme stress e frustrazione semplicemente perché non abbiamo compreso che non potremmo mai soddisfare e piacere a tutti. [3]

Per facilitare lo scioglimento di questo nodo, dovremmo:

  • Comprendere lo scopo che abbiamo in questo mondo: abbandonare l’amore per il potere per abbracciare il potere dell’amore e mettere da parte le varie maschere egoiche che abbiamo assunto artificialmente iniziando a sviluppare una personalità capace di sintonizzarsi con l’altro ma senza perderne in identità.
  • Lasciar andare le vecchie ferite che non ci permettono di fare quello che dovremmo, anche nel lavoro, perché bloccati dalle nostre paure di sbagliare o di non soddisfare le aspettative degli altri.

Ho visto molte attività stazionare su questo livello e subire gli balzi emotivi di chi le conduceva, con effetti disastrosi sull’efficacia di ogni azione e sul morale del team di lavoro. Infatti, l’ego che si sviluppa non serve per soddisfare una carenza materiale, come nel caso del cervello rettiliano, ma una carenza affettiva, quindi è in qualche modo più sottile e inafferrabile ma altrettanto pericoloso se le scelte manageriali vengono compiute sotto questo tipo di spinta.

In quanto esseri umani abbiamo elevate competenze sociali, che tra l’altro ci hanno reso così persistenti nel corso della storia. L’ossitocina (e la serotonina) ci aiutano a creare rapporti di fiducia con gli altri e quindi a riuscire a far fronte alle grandi sfide esterne al gruppo. L’ossitocina, prodotta dall’ipotalamo, presiede all’amicizia, all’amore e alla fiducia. In poche parole, è quel benessere che sentiamo quando stiamo con un vecchio amico o facciamo qualcosa di bello per qualcuno. Questa sensazione piacevole ci stimola a compiere atti di generosità e di empatia, a creare relazioni e fidarci di qualcuno e ad uscire dai momenti di crisi. Ci permette infatti di rilassarci quando siamo insieme agli altri così da abbassare il grado di vigilanza perché siamo fiduciosi che qualcuno della nostra cerchia non si approfitterà di noi. Un elemento importante è che, a differenza della dopamina ed endorfina (nodo di Brahma), ha un lungo effetto e sale con il tempo perciò ci permette di costruire legami profondi con gli altri. Un abbraccio, un legame d’affetto, una stretta di mano, un atto di generosità disinteressata, sono tutti momenti in cui viene rilasciata l’ossitocina. Non c’entra con i soldi che mettiamo in campo ma con il tempo e l’energia che spendiamo per gli altri. Inoltre, viene attivata in chi fa l’azione, in chi la riceve e in chi ne è testimone, ecco perché è capace di creare comunità. Infine, inibisce la dipendenza da endorfina e dopamina, rafforza il sistema immunitario, aumenta la capacità di risolvere problemi e la creatività. Dovremmo perciò fare in modo che anche il nostro cliente si senta al sicuro con noi perché sa che non lo sacrificheremo mai per un nostro interesse personale ma anzi, faremo di tutto per farlo sentire bene.


[1] Come imprenditori vorremmo essere leader indiscussi, unico riferimento nel mercato proprio perché vediamo gli altri solo come competitor che ci tolgono spazio e quindi proventi. Per tornare all’analogia di prima, giochiamo a un gioco finito.

[2] “Se piaccio agli altri, allora vado bene” oppure “se non piaccio agli altri, c’è qualcosa di sbagliato in me”. Specialmente le piccole attività, sostenute da una sola persona, soffrono di questo drammatico problema nel quale l’autostima del professionista o imprenditore viene costantemente messa sotto scacco ad ogni cambio di vento.

[3] Anche il tuo cliente agisce stimolato dal cervello limbico quando segue le sue emozioni per scegliere te, il tuo prodotto o il tuo servizio: si immedesima con te quando ascolta la tua storia, quella dei tuoi clienti, quando guarda delle immagini capaci di sintonizzarsi con lui e appunto quando ti dice “sento che siamo in sintonia”.