Ogni casa comincia da una porta. Può sembrare un’ovvietà, ma se ci si sofferma un attimo su questa semplice verità, si intravede qualcosa di più profondo. Non si tratta solo di un passaggio fisico. Varcare l’ingresso di una casa è un atto carico di intenzione, di energia e di senso. È il momento in cui lo spazio esterno si converte in luogo abitato, in cui ciò che era altro inizia a diventare nostro. È il gesto iniziale, la soglia che trasforma lo spazio in dimora, il fuori in dentro, la neutralità in riconoscimento.
Nel Vāstu Śāstra, l’antica scienza indiana dell’abitare, l’ingresso è tutt’altro che un dettaglio secondario. È il primo principio. La porta principale è descritta come la mukha, la bocca della casa, da lì entra l’energia vitale, il prāṇa. Non è solo una questione funzionale, ma cosmologica. L’intera abitazione è concepita come un corpo vivente, riflesso del Vāstu Puruṣa, la personificazione dello spazio cosmico. La porta è il suo volto, la sua apertura al mondo. È da lì che il respiro della casa comincia.
La posizione, la forma, la direzione dell’ingresso non sono arbitrarie: sono accordi con le forze del cosmo. Ogni direzione è abitata da qualità, da divinità, da energie specifiche. Quindi, l’ingresso posto in direzioni sfavorevoli può perturbare l’equilibrio tra interno ed esterno, alterare il flusso sottile tra ciò che si riceve e ciò che si è.
Ma più in profondità ancora, il Vāstu ci invita a considerare l’ingresso come un luogo di trasformazione interiore. Non è solo la casa ad aprirsi: siamo noi che ci offriamo a un passaggio, a un cambiamento. L’atto di entrare in uno spazio è anche l’inizio di un incontro, con lo spazio stesso, con chi vi abita, con le nostre disposizioni mentali ed emotive. È un atto di attraversamento e, in alcuni magici casi, di rivelazione.
Per questo motivo, se desideriamo comprendere davvero cosa significhi abitare, non solo vivere in un luogo, ma riconoscerlo, ascoltarlo, entrarci con consapevolezza, dobbiamo partire da lì, dall’ingresso. Da quel piccolo varco che ogni giorno attraversiamo distrattamente, ma che potremmo, se lo volessimo, trasformare in soglia di risveglio.
Ecco perché questo saggio comincia così: dal principio. Da quella linea sottile che separa e unisce. Da quella porta che si apre.