Non esiste un momento più adatto di questo

Abbiamo parlato a lungo di te, scavando nelle tue motivazioni, stabilendo alcuni principi affinché tu possa decidere perché stai facendo questa specifica attività e che cosa in realtà vuoi diventare, sia come persona che nel tuo lavoro, e infine offrendoti degli strumenti pratici per rimanere fedele a te stesso. Molti partono verso isole avventurose senza una mappa e altri pianificano nel dettaglio ogni cosa prima di fare qualsiasi mossa. Credo che la via giusta stia nel mezzo: settare prima i propri valori e obiettivi, munirsi degli strumenti necessari e poi tuffarsi verso ciò che comunque rimane ignoto perché la vita ha mille sorprese in serbo per noi. È ciò che abbiamo iniziato a fare ora, insieme.

La Bhagavad Gita indica due tipi di conoscenza, chiamati in sanscrito jnana e vijnana. Jnana è la comprensione teorica, filosofica. Mentre vijnana è la sua realizzazione, ossia una conoscenza sperimentata, compresa a fondo proprio perché vissuta sulla propria pelle. La differenza è bene illustrata in un esempio raccontato da Radhanath Swami. Immagina di essere ammalato e di aver bisogno di medicine. Vai da un medico per fartele prescrivere, le acquisti, le porti a casa ma le riponi sullo scaffale. Dopo un po’ di tempo però ti lamenti con amici e parenti del tuo dottore che, nonostante tutte le medicine, non ti ha fatto guarire. È quello che succede tutte le volte che acquisiamo strumenti utili, ascoltiamo principi che aderiscono al nostro cuore, ma poi non li rendiamo azioni concrete, non li trasformiamo in realtà. La verità, lampante e ovvia, è che fino a quando non prendi quelle medicine dallo scaffale, le metti in bocca e le ingerisci, avrai solo una comprensione teorica della loro efficacia e non la possibilità concreta di guarire. Siamo sempre alla ricerca di informazioni che ci permettano di vivere più felicemente e di risolvere i vari aspetti della nostra vita. Tra questi c’è anche il nostro lavoro, diventato una parte considerevole della nostra esistenza. Alla fine del libro, del corso, della chiacchierata, magari sentiamo di aver fatto chiarezza su ciò che vogliamo veramente, dove vogliamo andare e quali sono quelle leggi dominanti che dovremmo seguire. Parliamo di concetti profondi, la nostra mente vola alta e ci sentiamo nel famoso flusso ma, finché quella convinzione non diventa concretezza, non vi è nessuna realizzazione, nessun cambiamento, nessun avanzamento e nessuna realtà. Se anche tu farai lo stesso, tutto sarà rimasto nella tua mente e non avrà inciso minimamente sulla tua vita e su quella degli altri.

Come dice giustamente Marco Ferrini,[1] parlare di principi profondi, di verità e di come rendere la nostra vita migliore servendo gli altri, non sono chiacchiere da salotto per chi ha tempo da perdere sorseggiando una tisana. Non serve per intrattenere la mente ma per trasformare il nostro cuore e perciò per cambiare davvero la qualità della nostra vita. Agendo possiamo intaccare la realtà che ci circonda ed è con l’azione che possiamo man mano purificarci e migliorare, magari sbagliando, riprovando, ritentando, senza perdere l’entusiasmo e la pazienza, elementi indispensabili in qualsiasi campo tu voglia eccellere. Solo ciò che vediamo come destino avverso si trasforma in una reale e naturale opportunità per crescere. Infatti, per qualcuno la parola destino evoca un misterioso disegno superiore su cui non abbiamo alcuna influenza, ma ognuno di noi è padrone del proprio destino. Se rimaniamo nell’ambito mentale e nell’identificazione esterna, ad ogni nostra azione corrisponde una reazione, proprio perché ad ogni stimolo noi reagiamo anziché agire. Reagire significa rispondere in modo automatico a ciò che ci presenta la vita e, come in un meccanismo perfetto, ad ogni nostra reazione corrisponderà una nuova risposta del sistema di esatta potenza e di segno contrario. Forse arriverà con tempi e modalità diverse dalle nostre aspettative, ma sicuramente ad un certo momento ne accuseremo il colpo. Questo è quello che chiamiamo destino, ma in realtà, consciamente o no, siamo noi ad averlo generato con le nostre scelte. Anche qui un classico esempio ci può dare un aiuto nel comprendere il concetto. Se all’aeroporto prendo un volo per Londra e poi durante il volo dico “No, non voglio andare a Londra”, cosa mi dirà il personale di bordo? “Ora devi andarci perché sei salito su questo aereo e poi, una volta atterrato, potrai scegliere una nuova destinazione”. Quindi, solo agendo con intelligenza, discernimento e lungimiranza, e non reagendo meccanicamente, possiamo vivere nella libertà, creatività e novità. La Bhagavad Gita dichiara che la via dell’azione è intricata e profonda[2] e che siamo noi a costruirci il nostro destino, scelta dopo scelta.

Negli scorsi capitoli hai avuto la possibilità di fermarti a riflettere e comprendere quali sono le decisioni migliori per la tua attività, per rendere il tuo lavoro un Lavoro e per dare un tuo personalissimo contributo al mondo: hai compreso lo scopo che vuoi perseguire, hai identificato chi vuoi diventare, o meglio, che unicità vuoi esprimere, e infine chi vuoi servire e in che modo puoi farlo per poter mettere concretamente al centro della tua attività il vero protagonista, il tuo cliente. Non è un banale “il cliente ha sempre ragione”, perché solo il Divino può realmente essere al centro della nostra vita, ma è la focalizzazione sull’obiettivo della tua attività che consiste nel servire chi viene in contatto con te, qualsiasi forma prenda questo servizio nel tuo caso specifico.

A questo punto il gioco sembra semplice, ma ci sono diversi tipi di intelligenza. Il primo è l’abilità di imparare semplicemente ascoltando o osservando. A.C. Bhaktivedanta Prabhupada[3] offriva l’esempio di un uomo a cui viene detto che è illegale rubare e che i ladri sono destinati alla prigione, così egli non ruberà anche se ne avrà l’opportunità. Il secondo tipo di intelligenza è l’abilità di imparare attraverso l’esperienza e, rimanendo nell’esempio, sono coloro che sentono dire che rubare è illegale, ma non riescono a resistere alla tentazione e lo fanno lo stesso. Le conseguenze delle loro azioni li portano a pentirsi e a compiere scelte più sagge nel futuro. Questa è la strada dell’imparare attraverso gli errori, che però funziona solo in alcuni casi perché su certi aspetti della nostra vita si corre il rischio di basarsi troppo su tentativi e di non sviluppare il discernimento prima di agire, che invece ci eviterebbe di incorrere in spiacevoli conseguenze. Infine, il terzo tipo di intelligenza si manifesta quando agiamo continuamente in modo contrario al nostro benessere, rifiutandoci di imparare, nonostante l’esperienza. Anche se è dura da digerire, purtroppo la maggior parte di noi agisce, o meglio reagisce, su questo piano. Chi possiede questo tipo di intelligenza ha sentito dire che rubare è sbagliato, viene catturato e punito, ma continua a farlo, perché pensa che ad un certo punto avrà la meglio sul sistema, o perché crede che ciò che sta rubando valga le possibili conseguenze oppure perché ritiene di non avere altra scelta. Quest’ultimo tipo di intelligenza si basa sul fraintendimento del proprio vero interesse, quindi offusca l’abilità di compiere scelte buone e di evitare quelle cattive, non per una questione morale ma perché dannose al nostro benessere e a quello degli altri. È un po’ come chi continua a mangiare troppo o a fumare, nonostante sappia che prima o poi incorrerà in gravi malattie. Radhanath Swami ci ricorda però che esiste anche un quarto tipo di intelligenza che si attiva quando, nonostante le tremende notizie di ogni giorno, sintonizziamo la vera intelligenza ispirata dall’anima e comprendiamo che nel profondo del cuore di ogni persona risiede la capacità di vivere una vita sana. Cerchiamo così di astenerci dal nuocere gli altri e ci impegniamo a compiere il bene. Questa è l’espressione più pura dell’intelligenza perché nessuno è esente dalle sfide della vita ma la nostra grandezza si misura nel vivere con integrità anche i momenti difficili.

È inevitabile incontrare ostacoli nella conduzione di un’attività, specialmente in questi ultimi anni, ma gli ostacoli più grandi sono rappresentati dalla nostra inerzia, pigrizia e distrazione. Per creare qualcosa di nuovo, per muoverci con passo diverso nel mondo, per stabilire i nostri passi sulla roccia e non farci risucchiare nella palude, abbiamo bisogno di lasciarci alle spalle le abitudini sfavorevoli e fare il possibile per cambiare il nostro modo di agire. Spesso, anche se lo vorremmo, siamo incapaci di abbandonare abitudini e routine che soffocano il nostro progresso e non abbiamo l’autodisciplina di fare un passo avanti e crearne di nuove, più salutari e vitali. La forza delle tendenze passate, che vanno nella direzione opposta al nostro progresso, ci trascina lontano dai nostri reali obiettivi. La mente ci porta inevitabilmente verso i nostri vecchi schemi, risucchia la nostra attenzione, tocca vecchie ferite e vecchi fallimenti. Patanjali[4] le definisce vritti e il loro significato è “vortice”, “attività circolare senza inizio né fine”, “modificazioni dello stato di quiete e vigilanza della mente”. Sono le correnti di pensieri che attraversano la mente in modo incessante ed inconsapevole e che ne impediscono il vero utilizzo, cioè un mezzo di realizzazione. Le vritti determinano la frenetica attività della mente e il suo uso improprio: i risultati tangibili sono l’agitazione, la frustrazione, la delusione e il continuo dolore, intervallato da pochi momenti di speranza. Ma Krishna nella Bhagavad Gita (2.59)[5] dà ad Arjuna una formula per vincere l’inerzia: trovare un gusto superiore. Per questo motivo abbiamo così tanto sottolineato la necessità di restare focalizzati sul successo dei tuoi clienti e ti abbiamo dato degli strumenti teorici e pratici per rendere concreto ed efficace questo impegno. Se il tuo successo sarà accompagnato dal desiderio di servire chi viene in contatto con te, si creerà un circolo virtuoso nel quale cresceranno sempre più sia il tuo appagamento che il tuo successo.

L’inerzia è alimentata dalla pigrizia, che tende a farci restare immobili di fronte al giusto richiamo al cambiamento. Trovando la giusta motivazione al tuo agire (il tuo perché), riuscirai a connettere tra loro le tue attività e le tue aspirazioni spirituali. Concentrarsi sulle cose mondane senza riuscire a metterci veramente il cuore, non appaga da nessun punto di vista proprio perché significa agire fuori dalla nostra vera natura. D’altro canto, trascurare la nostra dimensione nel mondo a favore di quello che riteniamo essere un percorso di crescita personale, è altrettanto illusorio perché relega la dimensione spirituale verso qualcosa di intangibile ed estremamente poco pratico, sviandone completamente il senso più profondo. Se quindi non investi la tua energia e riflessione nel superare questa dicotomia, la qualità della tua vita rimarrà limitata e vulnerabile alla precarietà delle situazioni che dovrai affrontare.

Viviamo in un mondo impegnativo che ci porta verso molteplici direzioni, ci fa considerare il prossimo come un nostro nemico o qualcuno da sfruttare, ci abitua a dare valore a ciò che vediamo in base ai risultati tangibili di brevissimo termine, quindi a perdere la focalizzazione sui nostri obiettivi a lungo termine e le nostre aspirazioni più alte.

In questa via, la ragione determinata è una, mentre il ragionamento di chi non è determinato va in molte direzioni, senza fine.

[Bhagavad Gita 2.41]

La distrazione è un problema non solo per il nostro cliente, ma anche per noi, diventando uno dei più grandi ostacoli per il nostro cammino e la nostra crescita. Siamo costantemente distratti interiormente dalla mente e dai suoi flussi e fantasie, esteriormente dalle esigenze, convinzioni e pressioni di altre persone o dagli eventi che accadono. Inoltre, in quest’era tecnologia ci sono “armi di distrazione di massa” che ci bombardano costantemente per catturare la nostra attenzione, distrarci dai nostri reali obiettivi, inculcarci schemi di giudizio, procedure e principi molto distanti dal nostro sentire più interiore. Ma soprattutto ci portano a perdere tanto tempo! Non significa che non si debbano usare anzi, ne ho fatto il cardine dei miei interventi professionali proprio perché facilitano enormemente il lavoro e aumentano la qualità dei servizi, ma nella nostra routine quotidiana è certo che hanno preso uno spazio sempre più grande e non ci permettono di compiere quelle azioni che invece servirebbero per il successo della nostra attività:

  1. Apprendere nuove abilità;
  2. Creare un sistema di servizio ai clienti che funzioni;
  3. Creare delle nuove offerte per far ascendere il nostro cliente, ecc.

Partiamo con i migliori propositi ma poi, non si sa come, i mesi passano e non abbiamo messo in pratica praticamente nulla di ciò che abbiamo appreso. Le distrazioni grandi e piccole che ci invitano innocuamente a dedicare un solo momento ad esse, ci hanno fatto fare un lungo, lungo viaggio.

D’altra parte, ogni volta che compiamo la scelta di esercitare la nostra natura divina, la determinazione diventa sempre più forte. Abbiamo già parlato della virtù, sattva, che indica un modo di vivere con grande profondità, un pensiero luminoso e la capacità di mantenere un perfetto equilibrio. In questo stato di consapevolezza elevato sperimentiamo equilibrio, risolutezza, forza, conoscenza, magnetismo e flessibilità. Avere un equilibrio interiore ed esteriore è essenziale per raggiungere il successo, e quando non abbiamo la forza di gestire la nostra energia mentale e le emozioni, non possiamo nemmeno raggiungere il nostro pieno potenziale. Agendo ispirati dalla virtù potremo imparare a spegnere i pensieri non favorevoli al nostro progresso, per raggiungere focus, equilibrio e successo. Innanzitutto, agire in virtù significa anche essere liberi da quella spinta egoica che ci porta a muoverci sconsideratamente e sempre con un secondo fine, attaccamento e senso del possesso. Se invece riuscissimo a smettere di giudicare tutto in termini di sconfitta e vittoria scomparirebbe un enorme fardello che appesantisce ogni nostro pensiero, svilisce ogni entusiasmo e annulla l’efficacia di ogni azione.

Creatività ed ego si oppongono perciò non possono in alcun modo coesistere. Solo se ci liberiamo dell’atteggiamento competitivo e della gelosia, la nostra creatività può aprirsi ad infinite possibilità. Come l’acqua zampilla dalle fontane, anche la creatività può spuntare in qualsiasi momento.
È sempre possibile sviluppare la propria creatività perché il cosiddetto ego non esiste.

Jeong Kwan

Ti racconto una storia che ho ascoltato da Radhanath Swami.

Un giorno una persona salì sulla montagna dove viveva un eremita, lo incontrò mentre stava meditando e gli chiese: “Cosa stai facendo in solitudine?” Lui rispose: “Ho molto lavoro da fare”. “Come puoi avere così tanto da fare? Non vedo niente qua intorno.” “Devo addestrare due falchi e due aquile, rassicurare due conigli, disciplinare un serpente, motivare un asino e domare un leone.” “E dove sono tutti questi animali che non vedo?”

“Li ho dentro. I falchi sono lanciati su tutto ciò che mi viene presentato e io, nel bene o nel male, devo addestrarli a lanciarsi sulle cose buone: sono i miei occhi. Le due aquile con i loro artigli fanno male e distruggono, e io devo insegnare loro a non fare male: sono le mie mani. I conigli vogliono andare dove vogliono, non vogliono affrontare situazioni difficili, e io devo insegnare loro ad essere calmi anche se c’è sofferenza o ci sono ostacoli dove inciampare: sono i miei piedi. L’asino è sempre stanco, testardo, non vuole mai portare il suo carico: è il mio corpo. Il più difficile da domare è il serpente e sebbene sia rinchiuso in una forte gabbia, è sempre pronto a mordere e avvelenare chiunque si avvicini. Devo disciplinarlo: è la mia lingua. Ho anche un leone, orgoglioso e vanitoso. Pensa di essere il re ed io devo domarlo: è il mio ego. Come vedi, amico mio, ho molto lavoro da fare. E tu, a cosa stai lavorando?”[6]

Il mondo sembra non corrispondere ai nostri pensieri e desideri: vorremmo che il nostro lavoro sia sempre gratificante, ma capita di essere stanchi, di non riuscire a percepire il miglioramento e di abbattersi. L’unica possibilità che abbiamo per modificare la realtà è modificare noi stessi e smettere di pensare che possiamo essere felici occupandoci solo del nostro giardino. Prima o poi saremo costretti ad interagire con gli altri e ad accorgerci che il nostro benessere dipenderà da quelle relazioni, ossia da un benessere collettivo.

Ora anche tu hai la possibilità di metterti in azione e fare in modo che quello che hai appreso in queste pagine, ciò che di buono hai colto, possa fare la differenza nella vita di chi hai deciso di servire. Inizia anche da un piccolo gesto e allena questo muscolo del cambiamento, nutrilo e curalo.

  1. Alza la cornetta e telefona ad un tuo vecchio cliente;
  2. Apri l’e-mail e prova a leggere con un altro sguardo cosa ti scrivono;
  3. Osserva i servizi che stai offrendo in questi momenti e inizia a pensare come potresti migliorarli;
  4. Prendi le sette fasi del viaggio che abbiamo studiato e inizia a farti le domande giuste per ottimizzarle.

Sono tutti piccoli gesti che non faranno balzare subito il tuo fatturato ma che saranno quei semi che diventeranno alberi possenti e forti, sotto i quali potrai sederti, soddisfatto. Il segreto forse sta nel definire alte aspettative per se stessi e avere la fiducia di poterle raggiungere, ma senza fretta spasmodica o impazienza.

Questo mondo è legame al karma[7], fatta eccezione per il karma (l’azione) eseguito come un’offerta. Privo di attaccamento, compi le azioni con questo obiettivo.

Bhagavad Gita 3.9

L’egocentrismo ci confina nel terreno superficiale delle nostre limitazioni, in balia della mente mentre, quando riusciamo a smettere di pensare a “io” e “mio” e cominciamo a pensare a “noi”, le nostre radici rimangono saldamente attaccate al terreno dell’amore, della fiducia e della grazia, ricordandoci che solo nel dare agli altri noi potremmo ricevere.

In verità vi dico ancora: se due di voi sopra la terra si accorderanno per domandare qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli ve la concederà. Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro.

Vangelo di Matteo, 18-19,20

Il seme del cambiamento risiede nella domanda più importante del libro: in che modo vuoi essere grande? Con un gioco di parole molto acuto, Paolo Spoladore[8] pone il confronto tra essere maggiore e maggior essere per metterci di fronte al bivio di voler continuare a combattere nel mondo per cercare di essere più grandi degli altri, oppure diventare più grandi dentro in termini di qualità interiori per diventare strumenti utili alla Vita. Sappiamo che quando due persone provano le stesse emozioni, il loro cuore si avvicina, per contro, quando siamo troppo focalizzati su noi stessi, non ci preoccupiamo degli altri. Non pensare alla tua attività come ad una guerra contro la concorrenza, altrimenti le tue azioni saranno corte, maldestre, vecchie e sterili. Ti troverai ad imitare gli altri e i tuoi gesti saranno artificiali e poco convincenti. Pensa invece a seminare il bene in quello che fai, ad essere un vero aiuto per le persone e a creare una rete di relazioni appaganti, anche con i tuoi clienti. Non significa essere amiconi di tutti, ma amichevoli, ossia volere il bene dell’altro. Così facendo le tue azioni saranno nuove, creative, ispirate e realmente efficaci, ossia incideranno nella tua vita e porteranno frutti. Non tenterai di sostituirti agli altri e non cercherai di creare dipendenze artificiali con i tuoi clienti, ma agirai in eccellenza dando il buon esempio in ogni cosa che fai. Il tuo servizio o prodotto sarà quindi l’aiuto più tempestivo e appropriato per risolvere il problema al tuo cliente o per soddisfare un suo desiderio. Sarai così diventato naturalmente il nuovo presente del tuo cliente e una specie di buona abitudine per lui. Seminando, invece che combattendo, aderendo al cuore invece che alla mente, sarai in grado di esprimere la tua personalità unica, perché le abilità e le competenze possono essere replicate, ma la tua personalità e stile no. Il tuo marketing diventerà un incontro, una connessione, tra la tua personalità e le persone che hanno bisogno del tuo aiuto.

Nel marketing, come nella Vita, non funzionano i grandi effetti e le grandi sfide. Ricorda, la natura e la Vita creano attraverso piccoli stimoli ma ripetuti, mentre distruggono con pochi ma potentissimi impulsi. Affinché il tuo lavoro possa trasformarsi in Lavoro è necessario dirigersi verso la perseveranza attenta e intelligente data da poche cose ma fatte bene, un lavorio di cesello e accuratezza per imprimere la giusta energia e la corretta informazione di bene, piuttosto che fare goffi tentativi di cambiare radicalmente tutto. Questo non significa far finta che la concorrenza non ci sia, ma avere quella sicurezza interiore che, se compi il tuo dovere con amore e intelligenza, se il tuo cliente è veramente al centro dei tuoi pensieri e se lavori sull’eccellenza piuttosto che sull’apparenza, il tuo spazio ci sarà e non dovrai sgomitare, distruggere e combattere per averlo.

Sii esattamente quello che devi essere, senza recitare parti che non ti si addicono, ma per sviluppare quello speciale fascino che attrarrà l’attenzione del tuo cliente e produrrà una risposta emotiva sul tuo pubblico. Quelle rimarranno impresse e saranno la tua firma, la tua unicità: non venderai più i tuoi prodotti o servizi, ma il tuo modo di pensare e di essere.

Non dobbiamo lasciarci dominare dall’ambiente in cui ci troviamo. Dobbiamo governare il mondo fenomenico che ci circonda per poterci muovere in libertà dentro e fuori dalla nostra mente, dentro e fuori, dentro e fuori. È questo il vero significato della libertà.

Jeong Kwan

Ti saluto ricordando a te e a me che l’arte di amare crea un’unità che ha un’inesauribile forza spirituale e questo è il bisogno più grande del mondo di oggi. Ognuno di noi può fare la differenza se diventiamo umili, se sviluppiamo un atteggiamento di servizio e una mente aperta per vedere l’unicità di tutti gli esseri viventi. E con queste ultime riflessioni, che non si rivolgono solo al tuo cuore ma anche al mio e che ho colto dagli insegnamenti dei miei maestri e mentori (alcuni di loro li hai conosciuti in queste pagine), spero che ciò che hai letto ti sia stato utile e ti possa avvicinare un po’ di più alla vita che meriti di vivere.


[1] Marco Ferrini, Sentieri di felicità – Riflessioni, meditazioni, realizzazioni per la vita quotidiana, Centro Studi Bhaktivedanta, 2018.

[2] BG 4.17: karmaṇo hy api boddhavyaṁ boddhavyaṁ ca vikarmaṇaḥ | akarmaṇaś ca boddhavyaṁ gahanā karmaṇo gatiḥ. “In verità bisognerebbe distinguere tra azione, azione sbagliata, azione giusta e inazione. Profonda è la via dell’azione.”

[3] Abhay Charan De (1896 – 1977), missionario e autore di numerosi scritti, traduzioni e commentari ai testi più importanti della letteratura vedica. Maestro spirituale all’interno dalla tradizione Gaudiya Vaishnava ha fondato l’ISKCON, associazione religiosa che si propone di diffondere il sentiero del puro amore per Dio, al di là di ogni credo e forma religiosa.

[4]Filosofo indiano del II secolo a.C. al quale è stata attribuita l’opera Yoga Sutra. Vedi Yoga sutra – il più antico testo di yoga con i commenti della tradizione, Mimesis, 2012.

[5] BG 2.59. viṣayā vinivartante nirāhārasya dehinaḥ | rasa-varjaṁ raso ’py asya paraṁ dṛṣṭvā nivartate. “Gli oggetti dei sensi si allontanano dalle persone che si astengono da loro, ma il gusto rimane; ma anche il gusto cessa quando si vede qualcosa che è migliore.”

[6]Radhanath Swami, Ritorno all’anima, Eifis, 2016.

[7] Visto che il termine sanscrito karma significa letteralmente azione, tutte le azioni che non sono fatte come sacrificio, ossia non sono rese sacre, producono una reazione che ci lega a questo mondo.

[8] Paolo Spoladore (1960), detto Donpa, si definisce “Tecnico del Sistema Percettivo, consulente e formatore”. Attivo nella ricerca e nella conoscenza delle procedure di come funziona l’essere umano nelle sue interazioni tra la dimensione spirituale, quella psico-emozionale e quella fisica. Creatore del percorso formativo Il Principio PneumoPsicoEmoSoma®.